Per chi quel 2 agosto del 1980 non c'era la strage della stazione vive nei racconti e nei ricordi degli altri, in quella piazza che si riempie ogni anno, sotto il sole caldo della nostra città, tra parenti, sopravvissuti e cittadini che ancora non vogliono dimenticare.
C'è chi ti dice "ero partito qualche ora prima", nascondendo tra quelle parole quel filo di sollievo e senso di colpa per la tragedia appena sfiorata. C'è chi ti racconta "ci passavo tutti giorni alla stazione" ed è stato salvato da un imprevisto o da un impegno.
E poi ci sono tutti quelli che ti raccontano di aver "sentito un busso" e di essersi precipitati verso la fonte di quell'inspiegabile rumore.
Il 2 agosto 1980 è un autobus che si trasforma in infermeria, sono le persone accorse ad aiutare, a tirare fuori le persone da sotto le macerie, tra la polvere e le lacrime. Sono i tassisti che per giorni portano feriti e parenti in giro per gli ospedali.
Il 2 agosto è Angela Fresu, la bambina di 3 anni che giocava in quella sala d'aspetto. Il 2 agosto sono le lacrime di Pertini.
Il 2 agosto è un orologio fermo e quella ferita sul muro della sala viaggiatori che non è mai stata chiusa, simbolo della ferita aperta di una città che aspetta una verità ancora negata da tanto, troppo tempo.