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Dell’imprenscidibilita

Sono a casa. A Bologna. E c'è parte della mia libreria (l'altra parte è ancora disseminata tra gli scatoloni di un trasloco mai del tutto finito). Ci sono i libri di cui mi circondo, quelli in cui affondo le mie memorie. Quelli che ho comprato e non ho ancora letto. Su una mensola c'è lui, è un librone, 700 pagine o giù di lì. "I Cinque Libri" di Gianni Rodari. L'ho comprato l'estate scorsa, perché tra trasloco e prestiti non lo trovavo più. E ogni tanto ne rileggo un pezzetto e ricordo quando lo leggevamo dal sussidiario a scuola, ricordo tutto quello che ho imparato. Con Rodari ho imparato il valore della fantasia e dell'assurdo, ho imparato a rispettare la lingua italiana. "Il libro degli errori" è meglio di qualunque grammatica. Ancora oggi quando trovo una parentesi aperta, la chiudo, sperando che non abbia già preso il raffreddore. E quando faccio un errore penso al Prof. Grammaticus, che si infurierebbe. Poi ci sono poesie inaspettatamente commoventi. Come "Italia piccola" (in "Il libro degli errori") o "Il treno degli emigranti" (in "Filastrocche tra cielo e terra"). Senza scordare "Cosa ci vuole", la filastrocca che musicò Sergio Endrigo (Per fare un tavolo ci vuole il legno....). Così mentre sfogliavo le filastrocche e mi incantavo coi disegni di Bruno Munari, mi chiedevo: ma ci sono libri "imprenscindibili"? O ognuno ha i suoi. La sua grammatica. E, soprattutto, [tweetable]ai bimbi di oggi fanno ancora leggere Rodari? Se non lo fanno leggere..... come si fa a vivere?[/tweetable]
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